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Con il forte strappo al rialzo di martedì scorso i mercati azionari americani hanno disatteso la maggior parte delle aspettative degli operatori di borsa, che dopo i rialzi degli ultimi cinque mesi, davano quasi per certo un ridimensionamento delle quotazioni. L’equity a stelle e strisce aveva infatti già corso parecchio a partire dall’inizio dell’autunno 2011, quando l’indice S&P500 aveva battuto un minimo relativo a 1074 punti. Da allora in poi il rialzo ha accusato solo una secca battuta d’arresto in novembre, per riprendere subito dopo il suo cammino in maniera piuttosto regolare arrivando a ridosso della forte area di resistenza statica collocata a 1370 punti. La flessione del 5 e del 6 marzo 2012, che aveva provocato un riaggiustamento fisiologico della curva, è stata rapidamente archiviata e il successivo superamento di quota 1370 ha attirato parecchi acquirenti sul mercato. Lo testimonia la long white marubozu candle, figura dei candlestick giapponesi che esprime una netta forza del mercato attribuibile a crescenti pressioni in acquisto. L’indice del Nyse ha così registrato una performance superiore al 30% in poco più di cinque mesi, e si è portato su valori che non si vedevano dal giugno del 2008, raggiungendo quota 1400 punti (max. realizzato 1399,42). Questo movimento rappresenta un importante breakout che apre la strada a nuovi ed ambiziosi obiettivi per le settimane a venire. Osservandolo da un punto di vista meramente grafico l’indice S&P500 risulta inserito nella parte centrale di un trend positivo di medio orizzonte temporale. La zona superiore di questo trend andrà ad interessare l’area dei 1500 punti nei prossimi mesi, con un obiettivo intermedio individuabile attorno ai 1440 punti (precedente picco di massimo relativo del maggio 2008). Lo stretto trading range tra i 1340 e 1370 punti, che ha caratterizzato l’andamento nel mese di febbraio, ha contribuito a consolidare le posizioni precedentemente raggiunte diminuendo nel contempo la volatilità, passata dal 30% di novembre/dicembre 2011 all’8% di febbraio. Anche la volatilità attesa, quella scambiata sul mercato delle opzioni e misurata dall’indice VIX, si è contratta notevolmente e oscilla tra il 15% e il 20% da circa due mesi. Tra gli indicatori di breadth (la tipologia che ci consente di analizzare più profondamente la bontà di un trend misurandolo in rapporto alla distribuzione/concentrazione dei flussi delle negoziazioni sui singoli titoli che compongono il paniere di riferimento) quello che preferisco personalmente è l’Arms index (conosciuto anche come TRIN). Nel grafico abbiamo utilizzato una media mobile a 55 giorni dell’Arms index per smussarne l’andamento e interpretarne meglio il significato. E’ possibile osservare come il trend delle pressioni in vendita, molto evidente tra febbraio e ottobre 2011, si sia esaurito proprio tra ottobre e novembre, mentre a partire da dicembre si delinea un chiaro trend di pressioni in acquisto che ha fatto rientrare la situazione di ipervenduto (per l’interpretazione di questo indicatore si veda il precedente articolo: ARMS INDEX) portando l’indicatore sotto quota 1,20. E’ probabile dunque attendersi nuovi rialzi sull’equity americano con i target sopra indicati, a meno che l’arms index non torni a salire sopra il livello di 1,20 in concomitanza ad una discesa dell’indice S&P500 sotto quota 1340 e ad una risalita del VIX al di sopra del 20%.
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