martedì 12 luglio 2011

Nelle mani dei burattinai. L'attacco all'Italia.

Ieri, in tarda serata, mi è capitato di ascoltare su RAI 3, nella trasmissione TG3 Linea Notte, un’intervista in diretta al sempre ottimo Oscar Giannino. Il tema era d’obbligo: il calo della fiducia da parte dei mercati finanziari nei confronti del sistema Italia, concretizzatosi nel forte ribasso di Piazza Affari e nell’improvvisa impennata dello spread BTP-Bund che ha visto il rendimento del decennale italiano schizzare (mentre stiamo scrivendo) sopra la soglia del 6% per la prima volta dal 1997. Ciò che mi ha lasciato maggiormente perplesso in tutto l’intervento è stata in particolar modo questa affermazione piuttosto forte del giornalista: 

Chi sostiene che l’Italia sia vittima di un attacco speculativo e di un complotto a livello internazionale non sa di cosa parla, i mercati finanziari stanno dando un segnale forte alla classe politica italiana”. 

Già, i mercati finanziari. Si tende sempre a parlare dei mercati finanziari in forma impersonale, come se questi fossero semplicemente quella mano invisibile di “smithiana” memoria, sempre infallibile e perfetta nel regolare tutte le inefficienze e gli squilibri. Spesso si dimentica che dietro questo soggetto, sempre presentato, per così dire, in forma anonima, si nascondono (e poi neanche tanto) dei precisi soggetti in carne ed ossa: persone con nomi e cognomi che fanno capo a lobbies e potentati economici ben individuabili. Sono gruppi di persone e di apparati che hanno interessi e obiettivi ben precisi, tuttavia poco identificabili dal grande pubblico. A nostro avviso, quello che sta accadendo in queste ultime ore alla piazza finanziaria italiana va ben oltre la semplice speculazione. La cosiddetta “logica di mercato” di cui si parla non afferisce affatto alla logica finanziaria intesa in senso stretto, che vedrebbe i generici “operatori” sempre in cerca di occasioni per far soldi, e che presuppone la disamina di una situazione di fatto nella quale intervenire in maniera opportuna per trarre un vantaggio, quanto piuttosto ad una logica autoreferenziale. Infatti, se veramente esistesse un mercato, e una sua logica operativa, non si capisce per quale motivo questa stessa “logica” non dovrebbe colpire gli Stati Uniti, che hanno un debito pubblico molto più elevato di quello medio europeo, rappresentando quindi una chiara occasione speculativa. Essa si accanisce invece su Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna, e adesso anche sull’Italia. 

Ma quali sono le motivazioni di tutto ciò? Teniamo presente che l’Italia è in realtà uno dei pochissimi paesi che ha retto molto meglio di tanti altri alla crisi economico-finanziaria cominciata nel 2008, vuoi per il particolare tessuto produttivo (mi riferisco alla piccola e media impresa), vuoi per un più elevato grado di solidità del sistema bancario (poco esposto sui debiti a rischio default), vuoi per una diversa struttura del suo stesso debito pubblico. Non dimentichiamo inoltre che, a fronte di un rapporto piuttosto elevato debito pubblico/PIL (pari a oltre il 120%), il rapporto deficit/PIL è in realtà il migliore in Europa dopo quello tedesco. Alcune realtà industriali italiane, soprattutto bancarie ed assicurative, potrebbero rappresentare in questo momento un boccone succulento per tentativi di scalate esterne a prezzi di saldo. Teniamo conto che nelle ultime ore di contrattazione parecchi titoli non arrivano a capitalizzare in borsa neanche i mezzi propri, quotando una frazione del cosiddetto book value. Inoltre un eventuale default del sistema Italia avrebbe un forte contraccolpo sul sistema Europa, e potrebbe tradursi nella fine, non solo della moneta unica, ma anche del processo di unificazione del vecchio continente, che dà non pochi fastidi a nuovi capitalismi emergenti, di bande, come quello russo, e di stato, come quello cinese. Importante in questo senso anche l’angolo visuale geopolitico, che vede l’Italia in una posizione rilevante per ciò che concerne i possibili riassetti futuri nel Nord Africa e nel Medio Oriente, ma quest’ultimo argomento è di vasta portata e non lo affronteremo in questa sede. Detto questo, sia chiaro, non si intende assolvere la classe politica italiana dalle proprie responsabilità e dalle scelte errate, che hanno offerto il pretesto per tutto quanto sta accadendo in queste ultime ore. L’Italia è un paese bloccato, e la classe politica, tutta quanta, a prescindere da destra e sinistra, non ha la capacità (o la volontà) di affrontare e risolvere radicalmente determinati problemi. Primo fra tutti quello dell’elevato grado di burocratizzazione del paese, che tarpa le ali a tutti coloro che avrebbero la propensione ad intraprendere. Secondo, ma non per importanza, l’elevato grado di inefficienza dell’amministrazione pubblica e del parastato, che serve solo a creare e mantenere un serbatoio di consenso funzionale sia alla sinistra che alla destra. Del resto non si vuole neanche intendere che siano tollerabili queste vere e proprie aggressioni politico-finanziarie, che si ricollegano a scopi ben diversi e più profondi della semplice speculazione. Gli stessi soggetti che hanno dato il “la” a questo nuovo attacco, dopo quelli a Irlanda, Grecia e Portogallo, le cosiddette “agenzie di rating”, si trovano in una posizione assai dubbia, se la si guarda dal punto di vista della composizione del loro capitale sociale. Facciamo un esempio pratico. Prendiamo Moody’s, forse la più nota e la più nominata tra le agenzie di rating, e domandiamoci da chi è controllata, cioè come è composto il suo azionariato. Nomi e cognomi. Con oltre il 13% del capitale spicca il fondo Berkshire Hathaway che fa capo a un certo Warren Buffett. Lo conoscete? Poi abbiamo Fidelity, uno dei più grandi gestori di fondi a livello mondiale, con oltre il 10%. E così via, passando attraverso le partecipazioni di BlackRock, Morgan Stanley Investor, e altri gestori di fondi. E se passiamo ad analizzare l’azionariato di Fitch o di Standard & Poor’s che cosa troviamo? Sempre Fidelity, BlackRock, e gli stessi Signori di prima, tutti gestori di professione. Ma come mai coloro che dovrebbero emettere delle valutazioni con un certo grado di obiettività su aziende, fondi, strumenti finanziari, e sistemi paese, sono gli stessi che operano comprando e vendendo quegli stessi strumenti, oggetto di valutazione, nelle proprie attività di gestione? 

Forse i giornalisti di professione, e assieme ad essi l’ottimo Oscar Giannino, dovrebbero cominciare a porsi queste domande. Da parte nostra penso che sarebbe molto interessante ascoltare le loro argomentazioni riguardo le possibili risposte a questi interrogativi. E se tali risposte non dovessero essere convincenti, noi non ci sentiremmo in ogni caso di tacciarli di ignoranza in materia economico-finanziaria.

1 commento:

  1. Ancora una volta dobbiamo assistere impotenti allo spargimento di becchime per

    i gonzi italiani. L'attacco finanziario all'Italia si potrebbe interpretare

    come una scusa per poterci rapinare senza una sostanziale opposizione dei

    cittadini. Vi domando ancora una volta:
    a chi vanno i soldi che escono dalle nostre tasche?

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