martedì 19 aprile 2011

L'S&P 500 mantiene il trend e recupera la soglia dei 1300 punti.

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Molto importante il movimento della seduta di ieri sui mercati americani, che ha visto l'indice S&P500 scendere con estrema precisione sulla base del canale rialzista secondario, che avevamo delineato nell'analisi di ieri pomeriggio. La verifica dei 1295 punti (realizzato 1294,70) ha riportato gli acquisti e ha fatto risalire l'equity americano fino a 1305 punti. Per il momento tiene la soglia critica dei 1300 e se questa tenuta dovesse confermarsi nei prossimi giorni, ci possiamo attendere la continuazione del trend, con primo obiettivo in area 1340 punti. Diversamente in caso di discesa sotto 1300, soprattutto se confermata in chiusura settimanale, avremmo spazio per un ribasso fino ai 1230/250 punti. 

Per il momento la situazione rimane dunque positiva, e colgo l'occasione per tornare sull'articolo riguardo il Margin Debt USA postato venerdì scorso. Diverse persone mi hanno domandato via mail se il rialzo continuerà, oppure se si ritiene che l'indebitamento a margine abbia raggiunto livelli di guardia, e quindi se possiamo attenderci un'improvvisa discesa dei corsi azionari.
Ci tengo in questo senso a liberare il terreno da qualsiasi tipo di distorsione interpretativa, e a non essere frainteso, proprio perché volevo porre l’accento su determinati aspetti della questione, a prescindere in ogni caso dalle interpretazioni soggettive che per me rappresentano comunque contributi apprezzabili alla medesima, e la arricchiscono facendone oggetto di dibattito aperto. 

Farò una riflessione sintetica e per punti, ribadendo in particolar modo i concetti espressi nella seconda parte dell’articolo. 

1)      IL Margin Debt cresce a velocità crescente. L’ammontare dell’indicatore è salito da 173 a 310 miliardi negli ultimi 24 mesi, ed è aumentato oltre il 30% negli ultimi sei (dai 235 miliardi agosto 2010 ai 310 di febbraio), ma resta ancora lontano dai massimi di sempre (381 miliardi del luglio 2007). Tali massimi si sono verificati in condizioni di mercato “normali”, cioè senza distorsioni da inondazione monetaria (QE).
  
2)      Tasso d'interesse. Uno dei fattori principali che può ridurre la convenienza all’indebitamento è appunto il tasso d’interesse. Negli USA esso resta, almeno per il momento, sui minimi di sempre. Anche nel caso in cui dovesse essere ritoccato al rialzo (poniamo anche di 75 bp in una botta), la convenienza ad indebitarsi per esporsi sull’equity rimarrebbe. Anche per il fatto che:
3)      
 3)   3)   “Flight to Quality”. La vecchia strategia di riallocazione di portafoglio dall’equity ai bonds oggi non ha alcun senso. Anzi, è probabile che il concetto si sia rovesciato considerando in che acque stanno navigando i debiti sovrani anche alla luce dell’outlook negativo posto da S&P, proprio nelle ore recenti, sul debito a stelle e strisce.

4)   4)    Inflazione. Le tensioni inflattive sono modeste, e provengono principalmente dal comparto “Energy”, all’interno del quale i carburanti fanno la parte del leone per le problematiche legate ai paesi produttori di petrolio. Comincia a fare capolino, nell’ultimo rapporto sul CPI di marzo, anche la componente “Food”, ma l’inflazione core sale comunque di un modesto 0,1%. L'inflazione non c'è, e molto probabilmente non ci sarà in futuro, per il semplice motivo che la catena di trasmissione delle politiche monetarie all’economia reale è inceppata da tempo. I fiumi di liquidità non si sono tradotti né in investimenti né in consumi, e non è neanche lontanamente pensabile che questo accadrà in futuro. La poca liquidità che arriva al sistema reale viene utilizzata prevalentemente per ripagare debiti pregressi, il resto è trattenuta nel sistema bancario e dagli investitori istituzionali per gonfiare la speculazione su materie prime e equity.

5)   5)    Aggiungo una considerazione: i debiti sovrani alla deriva, la catastrofe giapponese, la crisi geopolitica del Nord Africa, ai quali si è aggiunto in queste ore l’outlook negativo sul debito USA, non sono state in grado di abbattere, ma solo di frenare, la corsa dell’equity.

Detto questo appare evidente da che cosa può dipendere l’eventuale dietrofront dei mercati azionari. 

Solo se la Fed dovesse smettere di “stampare” biglietti verdi come se fossero figurine Panini, sarebbe plausibile un improvviso crash dell’equity determinato dall’inevitabile e automatico margin call. E’ questo il crine di cavallo che sostiene ancora la spada sospesa sopra il capo del “fortunato” Damocle. Fino a che questo crine non verrà spezzato,  ma soprattutto finchè Damocle non avrà paura che si spezzi, il rialzo dell’equity non potrà che… continuare!

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