|
(Clicca per ingrandire) |
Il Margin Debt, ovvero l'ammontare di denaro preso a prestito dagli operatori per l'acquisto di azioni e altre attività finanziarie, è salito a gennaio a 364 miliardi di dollari. Per ritrovare una cifra analoga bisogna andare indietro fino all'estate del 2007, e più precisamente ai mesi di giugno e luglio di quell'anno, quando il debito complessivo contratto dagli operatori per finanziare gli investimenti sui mercati finanziari era salito a 378 e 381 miliardi di dollari (record di tutti i tempi), qualche settimana prima del crash delle borse. Ricordiamo che questa pratica è del tutto normale negli Stati Uniti, ed è largamente diffusa da parecchi anni, e che le banche e i broker richiedono una garanzia in cash, per la copertura dell'operazione, che si aggira attorno al 50%. Per l'approfondimento del significato di
Margin Debt rimandiamo all'articolo "
Margin Debt e tensioni inflattive" (pubblicato su questo blog nell'aprile del 2011), poichè in questa sede ci interessa capire se il rialzo dell'equity americano potrebbe proseguire ancora nei mesi a venire, oppure se sussistono elevate probabilità che esso sia giunto al capolinea.
|
(Clicca per ingrandire) |
Le prime considerazioni tecniche vanno effettuate sul Margin Debt stesso, che assume la valenza di
indicatore leading (anticipatore) dei possibili punti di svolta del mercato azionario americano. E non potrebbe essere altrimenti considerata la riflessività stessa del
Margin Debt, il cui andamento va a rafforzare i cicli virtuosi rialzisti e ad
amplificare quelli viziosi in caso di ribasso (confrontare sempre con il
precedente articolo per la spiegazione di questo concetto). E' stato così nel 2000, nel 2003, nel 2007 e nel 2009, quando l'inversione di rotta del Margin Debt ha anticipato di qualche mese i punti di svolta più importanti dell'equity a stelle e strisce. Significativa in questo senso anche l'improvvisa correzione del comparto azionario USA dell'agosto 2011, che ha puntualmente seguito il ridimensionamento del Margin Debt iniziato ad aprile dello stesso anno, quando si era contratto in tre mesi da 320 a 270 miliardi di dollari.
Oggi ci troviamo di fronte ad un'impennata decisa dell'indebitamento,
salito dai 277 miliardi del luglio 2012 agli attuali 364 miliardi (gennaio 2013), tendenza che ha accompagnato e alimentato il rialzo dell'indice S&P500 (e del Dow Jones) portandoli a ridosso dei massimi storici che, nel caso del Dow Jones, sono stati ritoccati. Il dato di febbraio sarà molto importante per effettuare una valutazione sulle reali possibilità di proseguimento del trend positivo in atto, tenendo presente che un'eventuale contrazione del Margin Debt, magari significativa, potrebbe segnalare un punto di svolta in senso negativo nel mercato azionario americano molto importante per il lungo periodo.
Tuttavia ci sono due ordini di considerazioni che ci inducono a propendere per una più alta probabilità di proseguimento del trend positivo di lungo periodo, in essere dal marzo del 2009.
La prima riguarda le
scelte di politica monetaria della Federal Reserve, che nell'ultimo meeting ha deciso di lasciare invariati i tassi di riferimento nella forchetta 0-0,25%, cioè ai minimi storici, e di proseguire con il Quantitative Easing iniettando liquidità nel sistema al ritmo di 85miliardi al mese, almeno finchè non ci saranno nuove spinte inflattive in concomitanza con una decisa contrazione della disoccupazione (fino al 6,5%).
|
(Clicca per ingrandire) |
L'altra riguarda i
multipli dei due principali indici azionari americani, che ai prezzi attuali non sembrano essere sopravvalutati. Come si evince dalla tabella inserita, e tratta dal Wall Street Journal, l'indice S&P500 presenta un P/E medio (calcolato ai valori del 15 marzo scorso) attorno a 18, mentre quello atteso a 12 mesi è pari a 14 circa. Ancora meglio il Dow Jones che presenta lo stesso ratio pari a 15,75 e quello atteso ad un valore di circa 13. Le aspettative riguardo gli utili futuri delle aziende americane risultano dunque nettamente positive. Il Dividend/Yield medio, sempre sugli stessi indici, invece si attesta rispettivamente a 2,5 e 2,12.
Segno che la convenienza all'indebitamento per acquistare azioni non è ancora venuta meno alle attuali condizioni, e presumibilmente non lo farà neanche nei prossimi mesi considerando che negli USA ci sarà ancora a disposizione grande quantità di denaro a buon mercato. Il Margin Debt potrebbe dunque salire oltre i massimi assoluti del luglio 2007 e portarsi verso i 400 miliardi di dollari. Gli indici americani, se questo dovesse accadere, sarebbero dunque pronti per spiccare il volo e ritoccare ulteriormente i record storici verso livelli che forse non riusciamo neanche ad immaginare.
© dott. Pier Paolo Soldaini - Riproduzione Riservata
Nessun commento:
Posta un commento