giovedì 5 maggio 2011

L’ISM non manifatturiero: un buon pretesto per qualche presa di beneficio.

La diffusione del dato ISM non manifatturiero di aprile, che ha registrato una netta battuta d’arresto rispetto a marzo, ha fornito il pretesto per qualche presa di beneficio sull’equity. Dopo il nuovo top a 1370 di S&P500 punti il mercato azionario tira il fiato, ma la tendenza positiva di medio e lungo termine resta ancora solida, e solo la discesa sotto 1300 sarebbe un primo campanello d’allarme.


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L’indicatore ISM non manifatturiero (noto anche come NMI) rappresenta la percezione sull’andamento dell’economia dei direttori degli acquisti di 17 differenti settori dell’economia americana, e viene calcolato attraverso una serie di interviste sintetizzate nella media di quattro principali indicatori: Business Activity (attività economica), New Orders (nuovi ordinativi), Employment (occupazione) e Supplier Deliveries (consegne). Un indicatore superiore a 50 individua un’attività economica (percepita) in espansione, mentre una contrazione della stessa è da ricollegare a valori inferiori ai 50 punti. Premesso che nutro qualche perplessità sulla validità di questo indicatore, mi interessava focalizzare l’attenzione sull’interpretazione dello stesso. IL dato uscito ieri, e relativo al mese di aprile, ha registrato un 52,8%. Cosa significa ? Semplicemente che la maggioranza degli intervistati continua a percepire un’attività economica in espansione nei settori non manifatturieri, sebbene questa percezione sia inferiore rispetto al mese di marzo, quando l’indicatore aveva registrato un 57,3%. IL dato più significativo è quello sui nuovi ordinativi, che scende di 11,4 punti, passando da 64,1 a 52,7, restando pur sempre POSITIVO. E’ chiaro poi che l’arretramento del 4,5% può essere interpretato come una battuta d’arresto sull’ottimismo degli ultimi mesi, ma resta il fatto che l’indice è positivo da 17 mesi consecutivi. Se consideriamo poi che l’ISM manifatturiero (PMI) ha registrato un 60,4% contro il 61,2% di marzo, la situazione non è poi così drammatica come si vuol far credere.

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Detto questo l’indice S&P500 è stato colpito dalle vendite, come era lecito attendersi a prescindere da NMI e PMI, e ha ritracciato fin quasi ai 1340 punti (realizzato 1341.5) come previsto nell’analisi del 3 maggio scorso. Era infatti impensabile ad un’attenta analisi che l’S&P500 potesse raggiungere direttamente i 1400 punti considerando il forte ipercomprato che si era venuto a determinare sui principali oscillatori leading. IL movimento correttivo ha consentito così di riequilibrare il momentum e rappresenta per adesso un pullback tecnico a verifica della resistenza statica a 1340 (divenuta adesso supporto). L’eventuale cedimento di questo livello peraltro non preoccuperebbe più di tanto, e offrirebbe l’occasione per l’ulteriore test della base del canale rialzista secondario a quota 1315/20. Solo la discesa sotto i 1300 sarebbe un primo campanello d’allarme, e riporterebbe il mercato in una fase più neutra di medio termine, senza tuttavia andare ad intaccare il trend positivo primario. In questo caso l’escursione ribassista potrebbe estendersi fino a 1230/1250 punti. La tenuta di 1320/40 e il successivo breakout di 1370 aprirebbero la strada per nuovi massimi collocabili a 1400 in prima battuta e 1430, parte superiore del trend secondario, in un secondo momento.

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