mercoledì 1 giugno 2011

L'economia va male ? Indebitati e compra azioni ! (un aggiornamento del Margin Debt)

Per chi non sapesse che cosa è il Margin Debt facciamo un piccolo ripasso: il Margin Debt è l'indicatore che rappresenta l'ammontare di denaro preso in prestito dagli operatori di mercato presso banche e brokers per acquistare attività finanziarie, in particolar modo azioni. Il collaterale a garanzia del prestito è costituito dalle medesime attività finanziarie acquistate con il prestito contratto, sul quale ovviamente grava un tasso d'interesse. Bruschi movimenti dell'equity, in una direzione o nell'altra, finiscono con l'autoalimentarsi proprio in base a questo meccanismo.

Torniamo a parlare di Margin Debt ad un mese e mezzo esatto di distanza dalla nostra prima analisi (Margin Debt e tensioni inflattive), per constatare che l'esposizione all'indebitamento per l'acquisto di azioni è aumentata ulteriormente nei mesi di marzo e aprile, e precisamente dai 310miliardi di febbraio ai 315 di marzo e agli oltre 320 del mese di aprile. Si rimane ancora ben sotto il picco massimo registrato a 381,37 miliardi nel luglio del 2007, e la tendenza non mostra ancora segnali di esaurimento nè tanto meno d'inversione. Ricordiamo a tal proposito che l'indicatore in questione si caratterizza per la particolare efficacia nell'anticipare di qualche mese le svolte più importanti nel comparto equity, come si può evincere facilmente dal grafico. L'elemento che ci interessa mettere in evidenza in questa analisi è la leva sull'indebitamento. Abbiamo scremato, nel calcolo della leva, il cash presente sui conti cosiddetti "free credit", cioè quei conti che non sono a rischio margin call proprio perchè non soggetti al meccanismo dell'indebitamento (su un conto free credit si può perdere, in linea teorica, il 100%). Notiamo come, nonostante il livello del Margin Debt sia ancora inferiore al suo massimo assoluto, la leva finanziaria abbia già oltrepassato i precedenti picchi del 2005 e del 2007 (la linea azzurra indica il rapporto medio tra il cash presente sui margin accounts e l'indebitamento). Questo è un primo piccolo campanello d'allarme, che non significa assolutamente che ci troviamo di fronte ad una probabile svolta, ma solo di fronte ad una tendenza che può cominciare ad essere considerata eccessiva. Ma gli eccessi, si sa, a volte sono duraturi. In questo particolare contesto ci domandiamo quale possa essere la variabile chiave per un cambiamento. A questa domanda abbiamo già risposto nella precedente analisi: il tasso d'interesse e, quindi, la disponibilità di denaro a basso costo. Il prolungamento delle politiche, per così dire, "accomodanti" da parte della Fed lascerebbero invariata la tendenza all'aumento dell'esposizione debitoria per l'acquisto di equity. In questa ottica sono stati letti, e andranno letti, i dati macroeconomici degli USA: segnali di peggioramento, o comunque di ritardo nella ripresa, diminuirebbero le probabilità di uno stop alle politiche monetarie espansive da parte della Banca Centrale americana. Di conseguenza il comparto dell'equity continua, e continuerà, a muoversi all'insegna del "tanto peggio tanto meglio". Per il momento non possiamo altro che ribadire il nostro STAY LONG.

Nessun commento:

Posta un commento